Le investigazioni riguardano il ruolo dei presunti scafisti ma anche l’accertamento di eventuali mancanze o ritardi nei soccorsi
Il dramma della disperazione. I racconti dei sopravvissuti al naufragio di Cutro del 26 febbraio sono al vaglio degli inquirenti che indagano per accertare eventuali responsabilità nella tragedia. Sono due i fascicoli aperti alla Procura di Crotone: il primo è quello che riguarda gli scafisti, a carico dei quali sono ipotizzati, tra gli altri, i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di omicidio colposo e di naufragio colposo. Il secondo fascicolo invece riguarda i soccorsi, che al momento non vedrebbe né indagati né capi di imputazione.
Nelle scorse settimane la scena giudiziaria è stata soprattutto al Tribunale dei minori di Catanzaro, dove si sono tenute le udienze dell'incidente probatorio al Tribunale dei minori di Catanzaro nell’ambito del procedimento a carico dell'unico presunto scafista minorenne indagato, un 17enne pachistano. A essere ascoltati davanti al Gipo minorile una quindicina di superstiti, che hanno raccontato la loro odissea.
«Con un legno sono riuscito ad arrivare sulla spiaggia in un quarto d'ora. Sulla spiaggia non c'erano soccorsi, sono arrivati dopo, dopo circa un'ora: avevano una divisa blu», ha riferito H. N., un giovane migrante sopravvissuto al naufragio. «Il mare ha cominciato ad agitarsi dopo 3 giorni, e la barca è affondata in 3-4 minuti dopo l'urto», ha invece detto A. S., mentre S. M. S. ha raccontato di «essere arrivato sulla spiaggia aiutandomi con un legno, ci ho messo 15-20 minuti. Nessuno mi ha aiutato: ho visto, dopo qualche minuto, solo l'ambulanza». L'incidente probatorio al Tribunale dei minori di Catanzaro si è concluso per ripartire a Crotone nell'ambito del procedimento a carico degli altri presunti scafisti dell'imbarcazione naufragata nel mare cutrese.
Al momento comunque qualche tassello sembra essere definito: i sopravvissuti finora ascoltati hanno confermato l’impossibilità per i migranti a bordo del caicco di chiamare i soccorsi a causa del sistema del “Jammer” attuato dagli scafisti per impedire telefonate all’esterno, e hanno poi confermato il pagamento del viaggio anche dopo – e nonostante – il naufragio. Discrepanze invece nei racconti dei sopravvissuti sui minuti e sulle ore immediatamente successive al ribaltamento del caicco sulla secca, perché alcuni superstiti hanno riferito di essere rimasti in acqua mezzora e altri che invece sarebbero rimasti in acqua per tre ore prima di essere recuperati e tratti in salvo. Con l’incidente probatorio dei sopravvissuti anche a Crotone questi e altri elementi – in particolare quelli legati ai soccorsi, che sono il “cuore” dell’inchiesta – saranno oggetto di approfondimento.