Frodi con il bonus 18App per 9 milioni, tre casi di sequestri e condanne anche a Catanzaro

Acquisti di beni non iscritti nell’elenco della 18App, dichiarazioni false; una vera e propria rete di adescatori di diciottenni per sfruttarne il bonus cultura

ROMA –  Sono circa 9 i milioni di euro legati ai casi notificati e relativi ad usi indebiti da parte di esercenti e di diciottenni della 18App. Solo in parte sono stati restituiti. Queste le “ombre” indicate nel dibattito sulla proposta del governo di rivedere lo stanziamento annuo di 230 milioni di euro per il cosiddetto bonus 18enni.

Tre i casi più evidenti di frodi

Il primo a Napoli, dove è stata creata una vera e propria organizzazione criminale per la riscossione indebita delle 18App per un totale di 1,5 milioni di euro. L’altro a Catanzaro riguarda una società che inviava al ministero della Cultura richieste di rimborsi per la vendita di libri ed ebook in particolare per circa 1,7 milioni di euro complessivi. Il terzo a Jesi era dedicato invece a prodotti da computer per 760mila euro. 

Nel caso di Napoli un esercente è accusato di aver creato con la moglie una organizzazione che attraverso degli adescatori (che ricevevano una percentuale), contattava i diciottenni invitandoli a cedere tutto il bonus in cambio di una parte dei soldi o della vendita di beni non consentiti dalla normativa. Nel corso delle varie edizioni sarebbero state indebitamente acquisite risorse per 1,5 milioni di euro, falsificando le fatture elettroniche inviate alla società Consap che gestisce i rimborsi agli esercenti. Nelle intercettazioni eseguite dalla Guardi di Finanza si parla apertamente di percentuali di guadagno e di bonifici fatti o da fare agli adescatori.

Nella vicenda sotto indagine a Catanzaro, il Tribunale ha autorizzato (su richiesta del ministero) il sequestro conservativo sui beni mobili, immobili e crediti di una società che nel corso dell’intera partecipazione all’iniziativa 18App (dal 9 maggio 2017 al 16 ottobre 2019) ha inviato al ministero fatture per circa 1,7 milioni di euro, dichiarando sempre come tipologia di bene venduto ‘libri’ e/o ‘ebook’. Ma la documentazione contabile controllata dalla Guardia di Finanza di Crotone ha dimostrato che le dichiarazioni erano false. La società risulta invece aver ceduto beni materiali esclusi dalla normativa 18App come tablet, computer e playstation. A Jesi, infine, c’è stato un decreto di sequestro preventivo per circa 760mila euro a causa della vendita di beni che non rientravano nella normativa 18App coinvolgendo molti diciottenni. L’amministratore unico è stata condannata dal tribunale di Ancona a 8 mesi (pena sospesa), i ragazzi sono stati sanzionati con una multa.

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