il libro dello scrittore calabrese, originario di Olivadi, ma da sempre vissuto a Milano, con interessi letterari e culturali molto ampi e variegati, che spaziano dalla televisione ai fumetti, per cui svolge una molto apprezzata attività, come sceneggiatore delle serie italiane delle storie di Walt Disney. E questa grande passione traspare anche nel personaggio principale del suo romanzo, l’ex maresciallo in aspettativa Gori Misticò, dal cognome distorto per un banale errore dell’anagrafe, che si trascinerà per tutta la sua non lunga esistenza, alternando considerazioni esistenziali alla prediletta lettura delle storie di Topolino, Paperino, Paperon dei Paperoni e Qui, Quo, Qua. Il libro di Vitaliano ha il grande merito di introdurre una figura inedita nella letteratura noir, che tanto successo di pubblico sta ottenendo, anche grazie alle serie televisive non solo di Camilleri e del Commissario Montalbano, ma anche a personaggi come il Vice Questore Rocco Schiavone, lo scorbutico funzionario, dal passato turbolento, creato da Antonio Manzini e impersonato da uno straordinario Marco Giallini, sempre in bilico tra giustizia e realtà, verità e debolezze umane. Gori Misticò ha deciso di lasciare il suo posto di Comandante della Stazione dei Carabinieri di San Telesforo Jonico, paese immaginario, ma non tanto, a cavallo della provincia di Catanzaro e di Crotone, nel golfo di Squillace, in quanto gli è stato diagnosticato un brutto tumore dal suo amico oncologo Nicola Strangio ed è costretto ogni quindici giorni ad affrontare il tormentato viaggio della speranza a Milano per sottoporsi ai devastanti trattamenti di chemio. Ma nel piccolo paese si verifica un clamoroso fatto di sangue ed il giovane brigadiere capo Federico Costantino, che ha preso il suo posto alla guida della Stazione dei Carabinieri, decide di rivolgersi all’esperienza e all’acume del suo ex comandante, per cercare di dipanare la vicenda della misteriosa morte del Barone Celata, dai contorni molto aggrovigliati. Il maresciallo Misticò, sia pure riluttante e dovendo lottare con un male perfido e incalzante accetta di aiutarlo e da quel momento si imbatterà in una serie di personaggi, che fanno parte del panorama umano e sociale della Calabria dei nostri giorni. Una Calabria che forse non è quella delle cronache della stampa nazionale, delle spettacolari operazioni contro la grande criminalità e gli intrecci con la politica e le istituzioni deviate, ma una Calabria più crepuscolare in cui ancora è possibile prendere il sole di marzo nelle spiaggette a forma di mezzaluna di sabbia, in cui ancora si muovono libere le papere e il mare si increspa all’orizzonte con infinite collane di perle. Una Calabria, però, in cui si fa strada la grande speculazione edilizia, che devasta la bellezza incantata della natura, sopravvive a se stessa l’immensa proprietà terriera dei baroni, che conosce anche le attrazioni dei grossi capitali globalizzati e ne rimane intrappolata.
San Telesforo Jonico, paese ormai abbandonato e dolente, più che i comuni dell’Aspromonte come Africo o San Luca, ricorda Badolato o Squilace, dove tra i silenzi delle case disabitate si aggirano tristi i cani randagi e azzoppati, mentre al Bar Centrale si recita la farsa della vita di Mario Corasaniti detto ‘u Filosofu, Peppa Caldazzo, noto come ‘u Saputu e Ciccio De Septis, chiamato ‘u Rinatu.
Ma nella Calabria di Fausto Vitaliano, tra i grandi sapori della cucina colorita e speziata, i profumi intensi e delicati della sua vegetazione, ci sono anche le sue emarginazioni e le sue arretratezze: l’aeroporto di Lamezia, come un’isola nel deserto, in cui alle nove di sera il passeggero che arriva è abbandonato a se stesso e se vuole raggiungere una qualsiasi destinazione deve sottostare ai soprusi dei taxi abusivi, le carenze strutturali dei suoi collegamenti interni, ma anche la burocrazia sonnolenta, il traffico di Catanzaro, il sistema sanitario, pur con qualche isola felice, che costringe alla più disperata forma di emigrazione, il sistema giudiziario legato all’individualismo dei suoi protagonisti, il problema infinito degli sbarchi clandestini, il centro di prima accoglienza di Crotone, ma anche l’azione instancabile di qualche sacerdote per tenere viva la fiaccola della speranza e della fede nelle piccole comunità.
Il libro di Fausto Vitaliano si sviluppa più come uno sceneggiato, con singole scene descritte con abili e arditi esercizi di linguaggio, che rendono credibile e appropriato il modo di pensare dei tanti personaggi, anche quelli che fanno da sfondo alla trama, che non si sviluppa come un vero romanzo giallo, ma piuttosto come un melanconico e coraggioso resoconto di una vita.
Proprio in questi giorni stiamo assistendo all’impegno del Presidente Santelli di ricercare nuove strade per raccontare un’immagine diversa della Calabria e l’affidamento ad un grande regista come Gabriele Muccino fa parte di questa onerosa strategia. Non conosciamo ovviamente il frutto di questo lavoro, anche se riteniamo che, forse, avrebbe maggiore impatto tradurre in immagini un romanzo come “La mezzaluna di sabbia, le ultime indagini di Gori Misticò” piuttosto che rappresentare in maniera oleografica un territorio, che pur tra mille contraddizioni deve affrontare le grandi sfide della modernità.
Ci permettiamo di affidare queste riflessioni al neo Presidente di Film Commission Calabria, Giovanni Minoli per un’utile valutazione. Nella speranza che fra gli 800 chilometri di costa calabresi sia sempre salvaguardata una “ spiaggetta delle Papere”, in cui sarà ancora possibile gustare “ ‘nu morzeddhu ” , come sarebbe tanto piaciuto al maresciallo in aspettativa Gori Misticò.