dell’ing. Massimo Scura, tocca all’ex Questore di Palermo e Reggio Calabria, nonché Prefetto di Vibo Valentia, tentare di ripianare il disavanzo del debito accumulato in questi anni dalla regione Calabria. Sembra finita la tragicommedia della nomina che ha travolto l’immagine delle istituzioni calabresi, ma ancora di più ha mostrato la fragilità della maggioranza di Governo, l’insipienza del Ministro della Salute, il pressappochismo del Presidente del Consiglio, l’arroganza dei 5S, l’inconsistente guida politica del PD.
Dopo tre settimane “da raccontare” e tanti nomi di onesti servitori dello Stato gettati nel tritacarne mediatico e di una politica maldestra e arruffona un repentino e necessitato cambio di marcia ha portato alla rocambolesca nomina di Guido Longo, superpoliziotto apprezzato, tra l’altro, per la cattura del famoso “Sandokan”, nome d’arte di Francesco Schiavone, capo dei Casalesi. Longo ritorna in Calabria con un forte supporto degli ambienti che contano nelle massime istituzioni calabresi e questo non potrà che aiutarlo nel difficile lavoro che lo aspetta da subito, già in questa settimana. Ha fama di essere un grande lavoratore, molto concreto e pragmatico, garante assoluto della legalità. E‘ sufficiente per riportare agibilità e credibilità in un sistema sanitario percepito all’esterno e dall’opinione pubblica nazionale allo sbando e non in grado di garantire i livelli minimi di assistenza ai propri cittadini? E‘ quanto si chiedono non solo i politici, ma tutti gli ambienti professionali legati alla gestione della salute.
A Longo viene aperta un’ampia carta di credito, anche se non avrà i poteri straordinari che aveva richiesto prima di lui Agostino Miozzo, coordinatore del CTS, per accettare l’incarico. Ma è evidente che sarà determinante la “squadra” che lo affiancherà, a partire dai due sub commissari e dai collaboratori che dovranno avere una comprovata caratura e competenza in campo di management sanitario. Operazione alquanto complicata, specie se dovrà attingere alle già asfittiche risorse del Dipartimento regionale della Salute, che in questi anni è stato sciaguratamente destrutturato da una politica miope quanto famelica di facile consenso e di potere. Né credo che Longo avrà tempo illimitato per la sua missione ai confini del possibile. Perché sarebbe auspicabile che il Commissariamento non si prolunghi oltre i 12 mesi, per come manifestato da Conte in occasione dell’incontro con la delegazione dei Sindaci calabresi. Peraltro, credo che un Governo responsabile e credibile dovrebbe avere la capacità e la responsabilità di ridisegnare i confini dell’incarico del Commissario, perché non è per nulla chiaro come si possa conciliare l’opera di ripianamento dei debiti con la necessità imposta dal COVID, di riaprire tanti ospedali dismessi sia per ottemperare ai dettami del Decreto Balduzzi, sia per eliminare sprechi e costi insostenibili. Ma questo richiama direttamente le responsabilità anche della politica regionale, che in oltre dieci anni non è riuscita a far eliminare l’assurda e inutile anomalia della gestione commissariale, con tutti i guasti che ha prodotto. Proprio gli avvenimenti di queste ultime ore hanno messo ancora di più in evidenza le contraddizioni, la credibilità e la discutibile funzione dei tre massimi livelli politici e istituzionali del nostro Paese in campo sanitario, in questo momento di acuta aggressione della pandemia.
Nella totale assenza di guida riconosciuta della politica sanitaria regionale, in assenza di un Commissario straordinario, il Ministro della Salute Speranza ha firmato l’ordinanza che, in un certo senso, premia la Calabria e allenta le restrizioni da “zona rossa” ad “arancione” evidentemente riconoscendo un netto miglioramento dei dati epidemici, mentre sotto altri criteri la Calabria continua ad essere ritenuta “ad alto rischio”. È, purtroppo, la riprova dell’assoluta approssimazione della gestione della grave crisi sanitaria, sia a livello nazionale che regionale, nel senso che la scelta delle discutibili classificazioni colorate delle regioni è stata dettata, in alcuni casi, solo da mere valutazioni politiche. E la Calabria non poteva che fare da cavia in questa spericolata sperimentazione.
E in spericolate sperimentazioni continua a esercitarsi quello che fu il Consiglio regionale della Calabria, eletto il 26 gennaio 2020 e defunto il 10 novembre ultimo scorso, che ha deciso di sopravvivere a se stesso eleggendo un nuovo Presidente del Consiglio, in persona di Giovanni Arruzzolo, con annesso sovraccarico di personale di struttura, in sostituzione di Domenico Tallini, a termini ormai scaduti e con nuove elezioni che dovrebbero essere fissate per il prossimo 14 febbraio. La sensibilità di questa classe politica ormai ha toccato abissi inimmaginabili e sembra totalmente disconnessa con la gravità dei problemi che attanagliano la vita dei cittadini calabresi, dei lavoratori, delle imprese, dei giovani disoccupati, dei tanti cervelli in fuga da questa regione.
Un quadro impressionistico che, forse, sfuma i contorni delle figure, e quindi le responsabilità, maschera i dettagli, esalta i colori, ma inonda di luce vivida e inconfondibile il dramma di una terra ormai divenuta, suo malgrado, epitome inquieta di una grande questione nazionale.