UNA POLITICA DI CENTRO PER IL FUTURO DELLA CALABRIA

Ora che, lentamente, le luci della ribalta mediatica nazionale sul teatrino della sanità calabrese si stanno smorzando, mentre il Covid continua a portare avanti il suo percorso nefasto, con drammatica regolarità, in attesa del sospirato arrivo anche in

cittadella regione calabria

Calabria del vaccino, ci si appresta ad affrontare il più surreale Natale dell’epoca moderna. Il Presidente del Consiglio ha impartito le sue contrastate e contraddittorie regole di comportamento, che copiano in parte quelle dei maggiori Paesi europei, ma non sostengono con la stessa efficacia un’economia duramente disastrata anche da questi provvedimenti.

Così in Calabria si ritorna alla politica politicante, alle tante parole al vento, ai comunicati e ai pronunciamenti da remoto, del nulla e del vacuo, di destra e di sinistra.

Il facente funzioni di Governatore Nino Spirlì, con un impeto di ottimismo e di rimpianto, ha fissato le elezioni per il Presidente della Giunta e il rinnovo del Consiglio Regionale per il 14 febbraio 2021, ma non ha tenuto conto delle paure di PD e M5S, assolutamente impreparati ad affrontare una campagna elettorale, non avendo trovato alcun accordo di coalizione, tanto meno sul nome del candidato a Presidente. Per cui hanno mandato in avanscoperta gruppi e gruppuscoli, associazioni e movimenti, sardine ed ecologisti a chiedere il blocco dei comizi elettorali, con la scusa comoda, ma poco credibile della pandemia. Come se con la pandemia non si fossero tenute le elezioni regionali in sette regioni italiane e le elezioni americane. Vero è che, ancora una volta, la sinistra arriva sprovveduta all’appuntamento con i calabresi, perchè dopo aver fallito l’esperienza di governo regionale con Mario Oliverio, fatto harakiri con Pippo Callipo, non è stata in grado di rigenerare la sua classe dirigente e, sopratutto, elaborare un’idea credibile di Calabria per il futuro delle nuove generazioni. Questo PD, in tutte le sue articolazioni periferiche, è succube della politica nazionale di Zingaretti e compagni e dell’agenda striminzita del Governo Conte, da cui è definitivamente scomparso il Mezzogiorno e la Calabria e, quindi, non è in grado di esprimere nè pensieri nè uomini e rimane vincolato ai diktat e alle bizzarrie dei grillini. Anche i nomi che circolano in queste ore, da Irto a Minniti a Maria Limardo, sono destinati a dissolversi nel nulla se non troveranno l’avallo, assai improbabile, del partito di Di Maio. Al punto che si sta regalando nuovo protagonismo anche a Tansi, che potrebbe essere determinante per una larga coalizione di sinistra e di movimentismo populista.

 

Ma anche a destra sembrano prevalere i vizietti della nuova politica, con veti espressi o sottintesi, personalismi e autopromozioni, amori improvvisi e improvvisi tradimenti. Roberto Occhiuto, Gianluca Gallo, Sergio Abramo, Wanda Ferro, costituiscono un parterre di validi aspiranti, dai quali però ancora, a meno di due mesi dal voto, non è venuta fuori una proposta per affrancare la Calabria dal bisogno e dall’emarginazione.

Eppure, queste elezioni avrebbero potuto, e, forse, ancora potrebbero, costituire lo spartiacque per una nuova fase della politica regionale. Perché sta emergendo in modo prorompente, anche se ancora silenzioso, un disagio diffuso in una larga fetta dell’elettorato, che non si riconosce nei radicalismi populisti e le inefficienze di destra e di sinistra e che riguarda ceti produttivi, la vecchia classe media penalizzata dal fisco e dalla burocrazia, il mondo delle professioni e degli intellettuali, la scuola, il volontariato e il terzo settore, il mondo cattolico, che non sta trovando risposta adeguata alle domande che riguardano il futuro della persona nell’impegno quotidiano delle gerarchie. Una vastissima area, al centro degli schieramenti politici tradizionali, che rischia di rifugiarsi nel non voto, lasciando campo libero ai mestieranti e ai profittatori, che reggono in modo maldestro da anni le sorti di questo territorio, disamministrando regione, province, comuni, all’ombra del sottogoverno.

Questa volta, però, si avverte nell’aria una insofferenza grande verso tutto ciò che richiama vecchie formule e riti consueti. Centrodestra e centro sinistra hanno mancato l’appuntamento con lo sviluppo di questa terra. Pur richiamandosi nelle sigle ad una politica di centro è mancata proprio l’attenzione verso quelle categorie e quella parte di società, che soprattutto in Calabria, costituiva il riferimento sicuro per la maggioranza degli elettori calabresi. Il 14 febbraio, sempre che questa data verrà mantenuta, potrebbe essere un appuntamento decisivo per recuperare all’impegno civile il centro dello schieramento politico, un’area strategica e decisiva per voltare finalmente pagina in Calabria e nel Paese.