coprifuoco e la chiusura di tutte le attività e limitata la libera circolazione dei cittadini, ma perché si è deciso di incidere profondamente e radicalmente sui costumi e sulla cultura civile e religiosa degli italiani. Non è un caso che, di fronte al grande rivolgimento dettato dalla minaccia della pandemia, contemporaneamente e all’unisono, le tre massime autorità civili e religiose, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e addirittura il Papa, hanno sentito il bisogno di ricorrere, allo stesso aggettivo: “autentico”, per definire il Natale che gli italiani erano costretti a vivere. Ma tutti sappiamo, tutti lo abbiamo avvertito nell’intimo della nostra coscienza civile e religiosa, per chi ha un credo, che così non è stato e, certamente, non poteva essere. E non perché il 24 dicembre i negozi erano chiusi e non si sono potuti fare i regali dell’ultimo momento, ma perché non si può per decreto riscrivere la storia del più grande “evento” dell’umanità, su cui si è costruita la civiltà occidentale. “Nemmeno i più micidiali rivoluzionari e azzeratori sociali, del calibro di Stalin e Robespierre o, più recentemente, Pol Pot e Al Baghdadi, erano riusciti a minarne-minacciarne, con la profondità e vastità del Covid, l’essenza e la coesistenza. Profondità: perché il processo di rimozione, a differenza delle dittature, non è indotto forzosamente da fuori, bensì agisce subliminale da dentro, dall’interno delle coscienze” scrive su Huffington Post il vaticanista Piero Schiavazzi, docente di Geopolitica Vaticana, che già a marzo, durante la prima ondata del Covid, aveva osservato che nell’ “esigenza di conciliare esigenza evangelica e diligenza civica la Chiesa è stata oscillante”, allorquando nel giro di 24 ore aveva aperto e chiuso al culto dei fedeli le chiese. E ancora di più il 24 dicembre, disorientando i credenti, con annunci diversi, ad orari diversi, sulla nascita del Bambino Gesù. A Catanzaro l’Arcivescovo Bertolone l’ha annunciato alle ore 18, in Vaticano Papa Francesco ha recitato la Santa Messa alle 19,30. Dettagli? Forse. Ma invano, alla mezzanotte, i credenti hanno atteso i rintocchi dell’annuncio della nascita del Redentore.
Il Natale dei calabresi, poi, non si è illuminato di alcuna luce di speranza e di rinnovamento. Anzi si infittisce la nebbia sull’orizzonte della politica, dove un ceto autoreferenziale, in queste ore, sta cercando di guadagnare tempo prima di affrontare il giudizio degli elettori, prolungando inopinatamente l’interregno dell’unico Presidente di Regione italiano non eletto dal popolo. In una regione commissariata in alcune delle istituzioni più importanti dai Governi nazionali, che continuano a considerare la Calabria a sovranità limitata e i calabresi cittadini di seconda fascia. Mentre si svolge il rituale esoterico dei partiti, pur essi commissariati, che fingono di decidere alleanze e candidature alla carica di Governatore. Con i veti incrociati e surreali di Lega, PD e M5S: “Tansi è stato parte integrante del sistema che vuole combattere”, “Irto è un pericoloso rivoluzionario...”, “Roberto Occhiuto ha un fratello” ... E così ci raccontano pure che la Calabria d’un colpo, in questi mesi, ha speso più dei soldi che le erano stati assegnati dai programmi europei, ma non ci dicono come questi fondi sono stati impegnati e per quali progetti. Nessuno se lo chiede.
Il Natale è stato molto amaro per i circa trecento lavoratori, medici, infermieri, ausiliari e amministrativi, della Casa di Cura Villa S. Anna di Catanzaro, la più qualificata struttura calabrese di cardiochirurgia, che proprio la sera del 23 dicembre, prima che scattasse il lockdown, si è vista recapitare, da parte dell’ASP, la lettera con cui si comunica che la clinica non potrà più erogare prestazioni ai cittadini calabresi a carico del servizio sanitario regionale, per mancanza di accreditamento. Un colpo mortale al già fragile e dissestato sistema sanitario calabrese, che rischia di perdere un apprezzato punto di riferimento nazionale in campo cardiochirurgico e allargare drammaticamente l’area della disoccupazione, anche in un settore altamente professionalizzato.
Nessuno si chiede, tra l’altro, come mai, a distanza di oltre sette anni e solo dopo l’intervento della Magistratura, si sia avvertita l’urgenza di attivare una procedura così drastica e bloccare tutte le attività sanitarie del S. Anna Hospital. Come è possibile che ci sia voluto tutto questo tempo per assumere una decisione così grave e non si sia potuto utilizzare questo tempo per trovare le soluzioni più opportune e legittime, per non disperdere un patrimonio così strategico della sanità calabrese?
Sono questi alcuni degli interrogativi più inquietanti, che aleggiano in Calabria, sul Natale meno “autentico” a memoria di uomo.