misura restrittiva del governo, di cui ancora si stenta a comprendere la logica e la coerenza. File interminabili e nessun distanziamento, il 31 dicembre, nei negozi di generi alimentari, in specie nelle macellerie, mentre i negozi di abbigliamento, dove è da anni che non c’è affollamento, rigorosamente chiusi, ampi capannelli davanti ai bar di giovani con bevande in mano al di fuori degli orari di apertura, criptocenoni in casa tra amici, familiari e congiunti al di là del limite consentito. Pochi fuochi d’artificio e timidi botti in periferia. Ma sostanzialmente tutto come prima, anche se in modalità Covid. Dopo la mezzanotte la gente si muove circospetta attraverso i vicoletti, anche se per le strade deserte non si avvertono i controlli minacciati. Le lancette dell’orologio segnano la mezzanotte e il primo secondo del nuovo anno scocca senza sussulti, con scontata normalità e forzati brindisi a base di champagne italiano. La mente della gente è turbata da un anno da dimenticare e non riesce a leggere i segnali del cambiamento, con il timore che tutto sarà ancora come prima.
Malgrado gli annunci chilometrici di Conte, a cui credono sempre meno italiani, le buone intenzioni del Presidente Mattarella, formalmente al suo ultimo anno di mandato, le omelie di pauperismo globale di Papa Francesco. Il nuovo anno, purtroppo, è una fisiologica prosecuzione del vecchio. Stessi bollettini dei contagi e dei decessi, stesse restrizioni alla libertà di movimento e di impresa per i cittadini, stesse incertezze interpretative delle varie disposizioni tra Governo e Regioni. In uno scenario politico animato dallo scontro tra il topolino Renzi e la montagna Conte sostenuta da Di Maio e Zingaretti. Il cui esito è totalmente nelle mani di Mattarella, che difficilmente troverà il coraggio di sciogliere le Camere per nuove elezioni con l’attuale legge elettorale e la quasi certa vittoria del centrodestra di Salvini e Meloni, malgrado gli strafalcioni politici del leader leghista. Allora il rischio è che il 2021 riproduca gli stessi comportamenti del 2020: la pandemia sarà ancora un alibi per mantenere una maggioranza di governo totalmente distante dal sentimento degli italiani, il Recovery Fund, quando e nella misura in cui arriverà, sarà l’ennesima occasione mancata per innescare un reale processo di sviluppo e di innovazione per il paese. In questi giorni di retorica populista, che trabocca dalle parole dei leader del M5S e del PD, si è fatto molto ricorso al ricordo della ricostruzione del Paese nel dopoguerra e al Piano Marshall, con l’auspicio di ricrearne lo spirito e quindi i risultati. Peccato che in pochi ricordano che quella ricostruzione, in condizioni forse più difficili, fu propiziata da uomini, di Governo e di opposizione, come De Gasperi, Nenni, Togliatti, mentre si affacciavano sulla scena nuove generazioni di politici come Moro, Andreotti, Fanfani... A chi guardare oggi, se non a Mario Draghi, anche se la politica è un’arte complessa, diversa anche dal governo tecnico dell’economia.
Niente di nuovo anche in Calabria. Anzi si. Nel 2021 si dovrebbe votare, ma non si sa quando. Forse domani il candido Spirlì firmerà un nuovo decreto, possibilmente per l’11 aprile, ma con il pensiero recondito all’election day di maggio-giugno, quando si voterà per il rinnovo dei maggiori Comuni italiani. E così il Presidente non eletto dai calabresi prova a restare al suo ambitissimo posto per altri 5/6 mesi. Con il beneplacito proprio di coloro i quali dovrebbero avere a cuore di dare alla Calabria un governo nella pienezza dei suoi poteri, per affrontare non solo le emergenze ormai strutturali, ma tentare di avviare un meccanismo di sviluppo sociale ed economico, finalmente attraverso un progetto che muova da un’idea di nuova regione. Il che significherebbe innestare un profondo processo riformatore, che prenda le mosse da un nuovo modello di istituto regionale, ridisegnando la nuova architettura di governo, che dopo 50 anni dimostra clamorosamente il suo fallimento e la sua inadeguatezza a dare risposte ai bisogni antichi e nuovi dei calabresi. Per fare questo c’è bisogno di un grande atto di coraggio e di generosità della politica, di tutta la politica, di destra, di sinistra e di centro e sottoscrivere un Patto Costituente, partendo dall’impegno di non ricandidare nessuno degli attuali componenti il Consiglio Regionale e fare della prossima legislatura un’Assemblea Costituente, candidando le migliori energie della cultura, della scienza, intellettuali, costituzionalisti, magistrati, imprenditori, professori universitari, medici, avvocati, artisti, tante donne...
Con il rinvio programmato delle elezioni c’è tutto il tempo per lavorare a questa idea e farla passare, con tutte le variabili, sulla testa della vecchia politica.
Solo così si potrà guardare con fiducia al prossimo futuro e cercare di sconfiggere tutte le pandemie, non solo quelle sanitarie, che infestano la società calabrese e stanno distruggendo la fiducia dei giovani, che mai come in questo momento, in cui vacillano i miti del grande Nord opulento, sognano di ritornare in Calabria.
Allora, forse, il 2021, con il Vaccino della buona Politica, sarà l’anno della svolta.