IL PENSIERO DI SCIASCIA ILLUMINI LA CALABRIA

Quest’ anno, oltre le previste grandi celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, ricorrono i cento anni dalla nascita di Leonardo Sciascia e credo che questo evento dovrebbe richiamare l’attenzione non solo degli studiosi,

Statua di Leonardo Sciascia a Racalmuto

ma di tutta la classe politica e dirigente meridionale. Perchè lo scrittore siciliano ha rappresentato una delle voci, assieme a Pier Paolo Pasolini, più libere e razionali del ventesimo secolo. Di cui  rimane forte e insuperato lo spirito lucido e anticonformista a difesa del primato della ragione, della libertà e della giustizia, da coniugare sempre con la ricerca della verità e garanzia dei diritti della persona. Il pensiero di Sciascia travalica le vicende siciliane, che pure sono state molto influenzate e ne hanno costituito un terreno fertile di racconto e di riflessione. A conferma di quanto il ruolo degli intellettuali debba essere di stimolo e di denuncia delle problematiche sociali e culturali del territorio. Una lezione che, purtroppo, non ha trovato seguaci in Calabria, malgrado figure come Corrado Alvaro, che pure hanno avuto spazio notevole e riconosciuto nella scena culturale anche nazionale. E non è estraneo alle incredibili vicende attuali della Calabria il silenzio assordante e opportunistico della classe più attrezzata dal punto di vista culturale. Anzi per molti versi ne è anche una concausa.

La Calabria che si affaccia alle drammatiche incertezze del nuovo anno è attraversata non solo dalle conseguenze incalcolabili della pandemia, in cui si enfatizzano tutte le incongruenze e le fragilità del sistema sanitario regionale, ma anche e forse sopratutto dalle smagliature del sistema politico, tenuto insieme ormai ad un tessuto sfibrato e rabberciato con le sue macchie e i suoi rammendi rozzi e maleodoranti.

La vicenda giudiziaria di Mario Oliverio, da questo punto di vista, è emblematica non del doloroso peso dell’errore giudiziario, che fa parte quasi fisiologicamente del sistema, in cui si dovrebbero confrontare paritariamente accusa e difesa, ma è la inaccettabile spia dell’uso politico della giustizia, della sua strumentalizzazione spregiudicata a fini di lotta di politica e di potere. Mario Oliverio, della cui gestione alla guida della Regione Calabria non si può certamente esprimere un giudizio incondizionatamente positivo, è stato eliminato dal suo Partito a causa delle vicende giudiziarie, che lo hanno colpito nel corso del suo mandato, anticipando il giudizio della magistratura e sottraendolo alla valutazione legittima e democratica degli elettori calabresi. Una vicenda da manuale della peggiore lotta tra bande, resa ancora più ributtante adesso che una sentenza della magistratura dichiara la piena estraneità dell’ex Presidente della Giunta Regionale e gli stessi che lo hanno politicamente condannato oggi lo esaltano. Uno spettacolo indecente!

 

Uno spettacolo assai riprovevole è quello che vede protagonista il Presidente ff. Spirlì non solo per quanto riguarda la fissazione della data per l’elezione del Presidente legittimo della Giunta regionale, oggetto di assai discutibili e poco commendevoli trattative trasversali, ma principalmente per la riapertura delle scuole, in cui l’inanellato Governatore ha cocciutamente voluto esercitare un protagonismo, infiorato di perle giuridiche, indebito quanto inopportuno, che ha costretto le famiglie a rivolgersi alla magistratura amministrativa. A dimostrazione di quanto la situazione calabrese, anche dal punto di vista istituzionale, sia disastrosamente precaria e lontana dai fondamenti della democrazia e del bene comune, a  motivo di una classe politica inadeguata e incompetente.

Ancora più incredibile è la vicenda dell’ormai tristemente noto Sant’Anna Hospital di Catanzaro, eccellenza della cardio chirurgia calabrese, assieme al Mater Domini e al GOM di Reggio Calabria, che rischia di scomparire, distruggendo un grande patrimonio sanitario e professionale a danno dei cittadini della regione. Questa è la storia non scritta del più grande corto circuito burocratico, politico, mediatico, imprenditoriale del terzo millennio calabrese. Una assurda vicenda in cui si intrecciano e pesano tutte le lentezze, le incertezze, le paure dei vari soggetti, Regione, Commissario per il Piano di Rientro, ASP, nell’assumersi le proprie responsabilità, a fronte di una situazione di cui tutti erano a conoscenza, ma tutti hanno lasciato che esplodesse in modo fragoroso e che oggi richiede razionalità e determinazione per scorporare gli aspetti del contenzioso amministrativo e giudiziario, che devono fare il loro corso legittimo, dall’attuazione di una soluzione straordinaria e coraggiosa, che consenta il riavvio immediato delle attività della Casa di Cura e il mantenimento di tutti i posti di lavoro. Senza inutili e insopportabili passerelle di politici, sindacalisti, consiglieri regionali e comunali, parlamentari, laici e religiosi, che finora hanno prodotto fiumi di parole quasi sempre fuori tema. La soluzione è a portata di mano e di ragione e va affidata, senza indugio e con decisione e responsabilità, a  Guido Longo, Francesco Bevere e Luisa Latella, che ne hanno la capacità e il dovere. Il resto è fuffa della peggiore politica, che celebra la sua triste milonga anche quando sono in gioco i diritti dei cittadini e dei lavoratori.

Una lunga stagione di diritti negati, che in Calabria rende ancora più drammatica e colpevole la mancanza di voci libere e illuminate.