Le dimissioni del Segretario del PD, arrivate al Nazareno con un colpo di teatro annunciato via Facebook, costituiscono l’appendice più logica, anche se meno prevedibile, della nascita del Governo Draghi e delle modalità con cui è maturata la grande alleanza allargata voluta da Mattarella. Ma anche degli errori tattici e strategici commessi dal fratello di Montalbano e dal fido Bettini. Errori che partono da lontano, dalla nascita improvvida del secondo Governo Conte e dell’alleanza asimmetrica del PD con il M5S, che ha ridato ossigeno al corpo esanime dei grillini, gettando nella confusione il partito di Zingaretti. Fino all’epilogo del dramma inscenato da Renzi e che il partito del Nazareno ha subìto in modo schizofrenico, attaccandosi disperatamente e da masochisti al destino di Conte, per poi dover ripiegare su Draghi all’ordine del Quirinale. A quel punto non era pensabile che all’interno di quel Partito non riprendessero voce, non solo la componente femminile, ma tutte le anime, su cui soffia seducente il venticello del renzismo. E che rimproverano e non a torto all’ancora Presidente della Regione Lazio di aver portato le truppe al servizio di Conte, che insignito leader dei 5 Stelle minaccia di dissanguare il già esiguo patrimonio elettorale del PD. Un capolavoro di incapacità operativa e mancanza di visione strategica, che si è rivelata fatale per quello che in molti commiserano come “un bravo uomo”. Ma si sa che in politica questo è il contrario di un complimento. A rendere ancora più truculenta la scena è l’ennesima trovata cinica di Grillo, attore di razza e che conosce molto bene i tempi del fare spettacolo, della commedia come della tragedia e si è offerto addirittura come “traghettatore” di quel che rimane di questo PD, accusato di incapacità di narrazione politica, ma anche di visione progettuale. Esattamente il marchio di fabbrica della gestione Zingaretti e di un gruppo dirigente di cui c’è “da vergognarsi, impegnato solo a discutere di poltrone e di potere, malgrado i gravi problemi del Paese”. Sembra un altro punto a favore di Renzi, al di là dei meriti effettivi dell’ex Premier, ma che sicuramente gli consegna la testa, dopo quella di Conte, di un avversario dichiarato. Ad oggi non sembrano ipotizzabili ravvedimenti operosi da parte del Segretario PD, ma è anche difficile immaginare che un partito così frantumato e privo di personalità carismatiche in grado di farsi carico delle gravi difficoltà interne ed esterne riesca a voltare pagina a stretto giro, individuando un nuovo Segretario, in grado di indicare una strada per uscire dall’angolo e ritrovare un cammino che faccia ritrovare una visione e una nuova identità. Più comodo, allora, supplicare il dimissionario a ritornare sui suoi passi, con tanto di scuse e di ravvedimenti, almeno per il momento, fino al prossimo sussulto. Si sa che è destino di tutti i Segretari del PD non riuscire a portare a termine il mandato e anche questa volta si sta per realizzare la forza del destino di un partito liquido. Diventato populista nel momento in cui si è più allontanato dal suo popolo, fieramente giustizialista per inseguire le paranoie grilline, assertore del maggiore rigore fiscale a carico del ceto medio, dei professionisti e delle partite IVA, facile difensore del ceto impiegatizio protetto soprattutto in questa fase di emergenza pandemica, europeista a traino e a tutela del grande mondo bancario.
L‘ Assemblea nazionale del 12 e 13 non è detto che riesca a sciogliere contemporaneamente il nodo della leadership e del progetto di rinascita e non sono da escludere colpi di scena, in un ambiente che fa della lentezza delle decisioni e della circolazione delle idee una regola di sopravvivenza.
Ne sanno parecchio e bene gli iscritti e i simpatizzanti del PD calabrese, che da anni non svolgono un Congresso regionale e subiscono passivamente, oltre le ripetute e sonore sconfitte elettorali, l’onta del commissariamento degli organi statutari, di volta in volta in mano ai più improbabili funzionari di Partito o Parlamentari in vacanza, quando si poteva fare. Che godono dell’ennesimo irresponsabile rinvio delle elezioni regionali, malgrado la Calabria stia precipitando inesorabilmente nel dissesto economico, sociale e sanitario. Abbandonata ai giochi solitari del supplente Spirlì, che dalle immense vetrate del decimo piano della Cittadella allunga lo sguardo cupido e insaziabile sui calabresi ignari, oggetto inerme di mille irragionevoli decreti e ordinanze.
Anche per quest’anno il Festival di Sanremo ha spento le luci sul teatro deserto. Gli italiani hanno cominciato a dare segni di stanchezza. Amadeus e Fiorello credo che se ne siano resi conto. Lo capiranno anche Grillo, Zingaretti e Spirlì?