LA CALABRIA SOFFOCA E NON SOLO PER LO SCIROCCO

C’è un’aria strana che si respira nella Calabria di questo inizio estate infuocata da temperature tropicali, mentre i Canadair sorvolano i cieli carichi di insopportabile umidità.

Eppure, sempre più arroccati nel loro piccolo mondo, politici e portaborse si agitano spavaldi, come se veramente avessero un compito salvifico per una Calabria, ormai allo stremo delle residue forze vitali. Si sperperano parole vuote sulla Regione che verrà, ignari della Calabria drammaticamente descritta dall’annuale Rapporto di Banca d’Italia sullo stato dell’economia nel 2021. Si infittiscono le trame sulle liste e sulle candidature ad un posto di Consigliere regionale, a volte sfidando l’attenzione che magistratura e forze dell’ordine porranno sulle elezioni per spezzare il perverso meccanismo della raccolta del consenso.

C’è un lacerante contrasto tra la normale routine delle campagne elettorali, le prassi consolidate di una politica questuante e l’eccezionalità di una situazione ormai da ultimo respiro. Ora ci sono anche i candidati individuati dagli schieramenti, che si contenderanno le ambite poltrone della Cittadella di Catanzaro e dell’Astronave di Reggio Calabria e, mai come in questa circostanza, è come se si svolgessero due competizioni distinte e parallele, con pochi punti di interferenza tra l’elezione del Presidente della Giunta regionale e quella per i 30 ricchi posti di Consigliere. Due livelli e due mondi con scarsi punti di omogeneità e di coerenza.

La scelta dei candidati alla carica di Governatore da parte delle due coalizioni di centrodestra e di centrosinistra esprime in modo plastico l’approssimazione e il disinteresse infastidito da parte delle centrali dei partiti nazionali. Di destra e di sinistra. Anche se la scelta del centro-destra appare più condivisibile e vincente. Roberto Occhiuto è sicuramente il migliore candidato presentabile, ma è frutto della più discutibile operazione politica. Il ticket con l’attuale Presidente ff, imposto dalla Lega di Salvini, toglie molto spazio alla capacità e alla volontà di cambiamento, di cui può farsi interprete il Capogruppo alla Camera di FI. L’esplicito disimpegno nei confronti della Calabria del partito della Meloni dà alla competizione un carattere più defilato rispetto all’interesse elettorale che si sta sviluppando nelle competizioni per i grandi comuni.

 

Ben più paradossale è la vicenda che riguarda il centrosinistra e il PD in particolare. La scelta imprevista di Maria Antonietta Ventura da parte di Conte, Letta e Speranza, senza far mancamento alle qualità umane e imprenditoriali della candidata, costituisce il peggior dato a cui sia pervenuta la politica dall’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale. È palese la grande responsabilità di Enrico Letta, che dal suo rientro all’ impegno diretto in Italia ha confezionato l’ennesimo flop, che fa rimpiangere il peggiore Zingaretti e conferma che non si può fare politica per titoli accademici comunque acquisiti o con spirito di rivalsa personale. Tutte le uscite del Neosegretario del PD, ad oggi, risultano inficiate da scarsa conoscenza della realtà del paese e da mancanza assoluta di visione strategica. Lo ius soli, la tassa di successione, la stucchevole polemica con Salvini, necessitato alleato di governo, l’ottusa difesa del DDL Zan, che, con grande sensibilità politica e culturale, Draghi ha liquidato con la monumentale affermazione che

“l’Italia è un paese laico e il Parlamento è assolutamente libero nelle sue prerogative”, costituiscono pietre miliari di un percorso clamorosamente negativo di Enrico Letta. L’insopportabile e punitiva ingerenza nelle questioni calabresi, con la bocciatura della candidatura, per la verità fragile, di Nicola Irto, con l’obiettivo miope di inseguire le giravolte di Conte, hanno creato scompiglio e incredulità nel popolo dem. Anche se ormai da anni siamo abituati ad un atteggiamento passivo, remissivo ma mormorante, da parte della base, costituita da uno zoccolo duro di ex comunisti, abituati a discutere narcisisticamente dei massimi sistemi, quanto orfani inconsolabili del vecchio centralismo democratico. È su questo zoccolo duro che continueranno a fare affidamento nel contare i voti della sicura sconfitta Letta, Graziano e compagnia di giro. Malgrado il lamento tardivo di Mario Oliverio, cinicamente colpito dall’ altrui arroganza, non meno delle sue debolezze. Mentre le prime mosse della prescelta Antonietta Ventura, appaiono assai precarie, se è vero che il primo incontro ufficiale lo ha avuto con Giuseppe Conte, in aperta crisi di rapporti con il Garante Grillo e sulla via dell’abbandono della guida del Movimento 5S. Inesperienza e cattivi consiglieri per una candidata della società civile, espressione dell’Unicef del compianto Presidente Nazionale Ciccio Samengo, ma ben lontana dai drammi di una terra in sofferenza come la Calabria di questi tempi. Una terra che non è nell’agenda di Letta, il quale “vuole riaccorpare il PD intorno all’ortodossia post comunista che è ancora prevalente, per inglobare LEU”, come lucidamente osservava, qualche giorno fa, un noto quotidiano economico.

E si respira proprio un’aria strana nella Calabria di Occhiuto, Spirlì, Ventura, De Magistris e via dicendo...